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Coronavirus. Il difficile ruolo degli operatori della salute

Intervista alla psicologa e psicoterapeuta dott.ssa Annalisa De Santis, della Brain Clinic di UPMC Salvator Mundi International Hospital. La dott.ssa De Santis analizza gli aspetti psicologici e relazionali degli interventi di cura nell'emergenza Covid-19: l'operatore sanitario tra la cura del paziente e la cura di sé.

Dall'impotenza all'onnipotenza. La gamma di rischi ai quali sono sottoposti gli operatori sanitari, soggetti in prima linea in questa pandemia ma anche “oggetto" dell'emergenza stessa. Una condizione particolare in cui la consapevolezza, e l'accettazione, della realtà che si vive e delle proprie reali emozioni determina la modalità con la quale si affrontano le difficoltà che può sicuramente fare la differenza.

Cosa ha comportato l'emergenza Covid-19 per coloro che sono impegnati nelle professioni di cura?

In seguito alla diffusione del virus, ci siamo trovati di fonte ad un evento straordinario. L'emergenza ha fatto irruzione nella vita quotidiana di ciascuno, stravolgendo profondamente ritmi e abitudini, modificando progetti, aspettative e desideri in maniera repentina e imprevista. Ciascuno di noi ha dovuto fare i conti con quanto lo sconvolgimento dell'ordine esterno abbia impattato anche sul nostro equilibrio interno.

I professionisti impegnati nelle relazioni di cura, in questo contesto, si devono confrontare con ulteriori livelli di stress derivanti dalla consapevolezza di essere la categoria maggiormente esposta al contagio con tutto ciò che questo comporta in termini di ricadute personali e sociali: dalla frustrazione professionale data dal confronto con una malattia ancora sconosciuta alla necessità di modificare protocolli e realizzare interventi che tengano conto dell'emergenza in corso.

Come si riverbera tutto questo sui vissuti emotivi di chi è impegnato nelle relazioni di cura?

Nella condizione attuale, caratterizzata dal carattere di permanenza e imprevedibilità della crisi, nonostante i segnali di lento ritorno alla “normalità", è molto importante che i professionisti impegnati nelle professioni d'aiuto si mettano in ascolto dei propri segnali emotivi anche e soprattutto quando questi segnali sono negativi.

Isolamento sociale e solitudine; angoscia di contagio o di morte; deprivazione della libertà, sono condizioni esistenziali con le quali siamo abituati a confrontarci nel nostro lavoro poiché riguardano le persone di cui ci prendiamo cura; queste condizioni, ora, riguardano direttamente anche noi. Questo può esporci ad emozioni di un'intensità alla quale non siamo abituati. Livelli elevati di timore e preoccupazioni che sentiamo di non essere in grado di fronteggiare, la sensazione di non riuscire a farsi carico dei propri compiti o di poter essere artefici del proprio futuro, sentimenti di vuoto e difficoltà a relazionarsi con gli altri e a individuare delle aree di piacere, vissuti di impotenza, sono molto frequenti e si possono alternare a vissuti di idealizzazione di sé, minimizzazione dei propri limiti, sentimenti di onnipotenza e di negazione del pericolo.

Come impatta tutto questo sulla relazione con i pazienti?

Se siamo consapevoli dei rischi a cui siamo esposti e riusciamo a far sì che preoccuparci per noi si traduca in un attivo occuparci di noi, riusciremo anche ad “essere" e “stare" in una relazione di cura con i pazienti. Se legittimiamo le nostre emozioni e accogliamo i nostri limiti, accettando la nostra vulnerabilità e fallibilità, sperimenteremo una riduzione dei vissuti di rabbia, frustrazione e tristezza. Nella relazione con i pazienti saremo quindi maggiormente in grado di offrire ascolto e comprensione di fronte alle manifestazioni di ansia, di rassicurarli rispetto al fatto che le misure imposte dall'emergenza non interferiranno con la nostra capacità di offrire cura ed assistenza. Riconoscere ed accettare le nostre emozioni, anche quelle più spiacevoli e angosciose, ci aiuta a non delegittimare le emozioni dei pazienti ma a far sentire loro che sono emozioni condivise in un'esperienza condivisa. La consapevolezza che non è quello che ci capita ma che è come affrontiamo quello che ci accade a definire chi siamo ci aiuta nelle relazioni con i pazienti a stimolare vissuti di speranza e di fiducia in sé.

“Aspetti psicologici e relazionali degli interventi di cura nell'emergenza Covid-19; la cura del paziente e la cura di sé" è stato il tema scelto per il seminario formativo, tenuto dalle dott.sse Annalisa De Santis e Simona Di Giovanni, il 12 maggio scorso – Health Care Workers Day, giornata dedicata agli operatori della salute UPMC Salvator Mundi.

Sintomi e consigli

La dott.ssa Simona Di Giovanni – psicologa della Brain Clinic di UPMC Salvator Mundi – fornisce agli operatori sanitari alcune indicazioni pratiche su come gestire emotivamente l'emergenza Covid-19:

Sintomi a cui prestare attenzione

  • Insonnia o ipersonnia
  • Nervosismo crescente
  • Incapacità di “staccare" una volta fuori servizio
  • Difficoltà di concentrazione e di memoria
  • Stanchezza cronica, non riuscire a recuperare
  • Iperallerta costante, comparsa di paure non presenti precedentemente
  • voglia di isolarsi e non parlare con nessuno

Consigli pratici

  • Parlare con i colleghi della situazione Covid-19 solo in alcuni momenti, dopodiché è bene parlare d'altro, per portare la mente altrove.
  • Non “far parlare lo stress" in ambito lavorativo: fare attenzione a non usare toni aggressivi o passivi, bensì favorire una comunicazione assertiva, chiara e rispettosa.
  • A fine turno, richiamare l'attenzione ad un momento in cui ci si è sentiti particolarmente
  • efficaci, per una mansione ben svolta o per un segno di fiducia e gratitudine ricevuti da un paziente o familiare
  • Limitare l'eccesso di informazione attraverso le news; scegliere due momenti della giornata
  • in cui informarsi.
  • Parlare di come ci si sente con qualcuno vicino o con uno psicoterapeuta per sentirsi meno soli.
  • Esporsi al sole
  • Praticare sport
  • Svolgere attività piacevoli per ricaricare le energie: leggere, stare con la famiglia, fare
  • giardinaggio, meditare, qualsiasi attività che faccia staccare la spina.