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Prevenzione del suicidio. Intervista con il Prof. Giuseppe Bersani.

Prevenzione del suicidio. Intervista con il Prof. Giuseppe Bersani. | UPMC Italy

In Italia ogni anno si contano circa 4.000 morti per suicidio (fonte ISS), i dati si riferiscono a persone oltre i 15 anni, poiché nell’infanzia gli episodi suicidari sono molto rari. Secondo quanto pubblicato dall’UNICEF (“Child and adolescent mental health - The State of Children in the European Union 2024”), in Europa il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, tra i giovani fra i 15 e i 19 anni. Siamo di fronte, quindi, a numeri significativi. Nonostante la prevenzione del suicidio sia stata individuata come obiettivo prioritario dalle molte istituzioni internazionali, solo pochi Paesi nel mondo hanno sviluppato o stanno sviluppando una strategia in merito, e l’Italia non è ancora tra questi. Abbiamo chiesto al professor Giuseppe Bersani, medico chirurgo specializzato in psichiatria presso UPMC Salvator Mundi International Hospital, di parlarci di questo argomento, troppo spesso ancora tabù.

Professore, perché è importante parlare di suicidio?

La morte di una persona per suicidio colpisce profondamente i famigliari, gli amici e la comunità. Riconoscere i segnali di allarme, verbali e comportamentali, è un passo importante per prevenirlo, ma non è facile, spesso le persone cercano di spiegarsi cosa vedono, ma cosa vedono non è sempre ciò che è. Non solo, anche quando questi segnali vengono individuati, non si è sicuri di cosa fare e di come intervenire. Esistono ancora delle false credenze e dei miti comuni sul suicidio. La maggior parte delle persone considera il suicidio un argomento difficile da trattare, forse pensano che chiedere a qualcuno se sta avendo pensieri suicidari significhi fargli venire in mente l'idea del suicidio, oppure temono di non essere in grado di aiutare o di peggiorare la situazione.

Se si sospetta che qualcuno possa essere depresso o avere pensieri suicidari, chiederglielo può aprire invece una conversazione, può mostrare a quella persona che siete lì per lei e che volete aiutarla. Si possono non avere le competenze cliniche necessarie, ma la compassione, l'empatia e l'attenzione sono spesso di grande aiuto. Si possono fare domande dirette come “Stai pensando di ucciderti? Hai fatto qualcosa o sei pronto a fare qualcosa per porre fine alla tua vita?".

Queste domande dimostrano che ci si preoccupa della persona, dei suoi pensieri suicidari e che si è disposti a parlarne. È importante che sappia che non la giudicherete. Credo che abbiamo la responsabilità di superare lo stigma, di aumentare la consapevolezza che questo non è un segno di debolezza, ma è come qualsiasi altra situazione medica, malattia o disturbo.

Chi è più a rischio?

I pensieri suicidari possono colpire chiunque, ma la presenza di una condizione di salute mentale nota gioca sicuramente un ruolo preponderante, infatti, solo una piccola parte di chi si toglie la vita non presenta sintomi psichiatrici prima della morte. Il 90% dei suicidi sono associati alla presenza di un disturbo mentale, nel 60% dei casi si tratta di depressione maggiore. Secondo i dati statistici, i principali fattori di rischio nell’ideazione suicidaria sono depressione, schizofrenia, disturbo bipolare, disturbo post-traumatico da stress, disturbi alimentari, come anoressia o bulimia e disturbo borderline di personalità.

Ma i disturbi sopraelencati non sono i soli fattori di rischio. Il suicidio, infatti, è frutto di diversi fattori genetici, biologici, individuali e ambientali che includono storia familiare di suicidio, di traumi o abusi, stress, tragedia o perdita recente, uso di alcol o droghe, accesso alle armi da fuoco, condizioni di salute gravi o croniche, genere (le donne che tentano il suicidio sono più numerose degli uomini, ma gli uomini hanno molte più probabilità di morire per suicidio), episodi di bullismo e cyberbullismo, specialmente nei giovani.

Spesso il collegamento tra tutti i fattori di rischio è l’incertezza e la perdita di speranza per il futuro, la convinzione di essere un peso per gli altri e la poca paura della morte e del dolore, ma il suicidio si può prevenire se si riesce a intervenire sulla sofferenza psicologica e a ridare speranza al soggetto in crisi.

Professore, quindi, quali sono i segnali da non sottovalutare e a cui bisogna prestare attenzione?

Sebbene alcuni suicidi tentati o compiuti avvengano in maniera imprevedibile per i familiari e gli amici, la maggior parte non avviene senza preavviso, ma è preceduta da segnali di allarme. Identificare e valutare i vari fattori che possono contribuire ad una crisi suicidaria è estremamente importante per poter aiutare la persona e aiutarlo a farsi aiutare. La presenza di pensieri di morte, ovvero minacciare o parlare di volersi fare del male o uccidersi. Cercare su Internet informazioni sulla morte, sul morire o sul suicidio, soprattutto quando queste azioni sono fuori dall'ordinario o se la persona ha precedentemente pensato o parlato di suicidio. Manifestare, in modo più o meno palese, sentimenti di mancanza di speranza, impotenza, disperazione, sensazione di non avere vie di uscita, ansia, agitazione, rabbia, aggressività. E ancora, cambiamenti di comportamento o di umore repentini, aumento del consumo di alcol o droghe, insonnia, aspetto esteriore trascurato, isolamento sociale, autolesionismo, perdita di lavoro o di ingenti quantità di denaro, traumi (lutti, separazioni, malattia).

Cosa si intende per prevenzione del suicidio?

Il suicidio rappresenta l’atto finale di una serie di comportamenti preparatori: l’ideazione suicidaria, la messa in pratica del piano, il tentativo e il suicidio portato a termine.

Il riconoscimento dell’ideazione e della pianificazione di questo atto estremo è quindi fondamentale per prevenirlo. Il primo obiettivo della prevenzione del suicidio è riconoscere i segnali d'allarme.

Se notate un cambiamento che vi preoccupa, può essere un'opportunità per chiedere a qualcuno come sta e un'occasione per parlare apertamente di pensieri suicidari e autolesionisti.

È possibile sostenere familiari e amici con disturbi di salute mentale e abuso di sostanze. Incoraggiateli a chiedere aiuto prima che si verifichi una crisi suicida.

Altri aspetti chiave per la prevenzione sono la riduzione dei fattori di rischio e l’aumento dei fattori protettivi.

Alcuni studi internazionali evidenziano che il rischio suicidario spesso non viene riconosciuto in contesti clinici: il 45% di coloro che si tolgono la vita hanno avuto almeno un contatto col proprio medico di medicina generale nel mese precedente alla morte. È quindi fondamentale migliorare l’efficienza diagnostica dei disturbi psichiatrici.

Per “fattori protettivi” si intende la presenza di una rete famigliare e sociale efficace, dedicare del tempo a hobby e attività ricreative, impegnarsi costantemente in un’attività fisica o nello sport, evitare di sovraccaricarsi al lavoro, evitando il burnout. Inoltre, sarebbe importante mettere in atto campagne per ridurre lo stigma del suicidio, aumentare le risorse per creare luoghi di incontro e favorire l’attività fisica, soprattutto nei giovani, e intraprendere misure per aumentare le opportunità lavorative e la disponibilità di abitazioni dignitose per chi è svantaggiato socialmente ed economicamente.

Presso UPMC Salvator Mundi International Hospital è attivo un centro dedicato alla diagnosi e alla cura dei disturbi depressivi e di tutte le loro conseguenze sulla salute psico-fisica.

Se tu o qualcuno che conosci siete a rischio di suicidio, rivolgiti ad un professionista qualificato.

Numeri utili:

  • Numero di emergenza (in Italia ed Europa): 112
  • Emergenza medica o psichiatrica: 118
  • Telefono azzurro (per bambini e adolescenti): 196 96
  • Numero Anti Violenza e Stalking: 15 22
  • Telefono amico: 02 2327 2327
  • Samaritans (prevenzione del suicidio): 06 77208977