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Insufficienza cardiaca. Intervista al dott. Nazzaro.

Insufficienza cardiaca. Intervista al dott. Nazzaro. | UPMC Italy

In Italia sono circa 600.000 i pazienti affetti da insufficienza cardiaca (o scompenso cardiaco). È una patologia che si pone tra le principali cause di morte e ospedalizzazione, in particolare nei pazienti con più di 65 anni, e si stima che la sua prevalenza raddoppi ad ogni decade di età, raggiungendo il 10% circa dopo i 65 anni (fonte Report 2023 PNE di Agenas). I ricoveri in ospedale per insufficienza cardiaca si associano ad una mortalità del 20-30% entro il primo anno.

L'insufficienza cardiaca è una condizione grave e cronica. Sebbene le persone anziane abbiano maggiori probabilità di svilupparla, può verificarsi a qualsiasi età e per diversi di motivi. Ne parliamo con il dottor Marco Stefano Nazzaro, medico chirurgo cardiologo interventista, esperto nel trattamento della cardiopatia ischemica e nella terapia dello scompenso cardiaco.

Dottor Nazzaro, quali sono i fattori di rischio per l'insufficienza cardiaca?

Sicuramente un'alimentazione scorretta e uno stile di vita sedentario possono portare alla malattia coronarica che rappresenta la prima causa di insufficienza cardiaca. Il consumo di alcol, l’uso di droghe e il fumo hanno un ruolo importante. Sono tutti fattori di rischio controllabili che si associano all’ipertensione e al diabete. La presenza di apnee notturne in persone obese e diabetiche con più di 65 anni aumenta ancora di più il rischio di insufficienza cardiaca. In sintesi, una coesistente cardiopatia ischemica, ipertensiva, diabetica può causare profonde modificazioni nelle capacità contrattili del cuore e nell’emodinamica del paziente.  Vanno aggiunti a questi fattori altre cause come quelle infettive virali, genetiche e valvolari che, seppur meno frequenti, spesso rappresentano un’emergenza.

Quali sono i sintomi dell'insufficienza cardiaca?

È possibile individuare alcuni indicatori della malattia, prima di tutto il respiro corto o se volete la fame d’aria. Così come l’incapacità nel portare a termine le attività quotidiane senza doversi fermare a riposare. Questo può accadere quando si fa uno sforzo, durante una passeggiata o salendo una rampa di scale. Per esempio, se un mese fa riuscivamo a salire quella rampa di scale senza difficoltà ed ora no qualcosa è cambiato. La tosse secca o la mancanza di respiro quando ci si sdraia sono ulteriori segnali d’allarme. Sdraiandosi si può sentire “fame d’aria” e la necessità di alzarsi o mettersi seduti per respirare normalmente durante la notte. Si parla in questo caso di dispnea parossistica notturna. Anche il dolore o il fastidio al petto sono sintomi molto comuni. Non bisognerebbe mai arrivare ad avere le caviglie gonfie o i disturbi appena descritti, in quanto sono un segnale d’insufficienza cardiaca avanzata. Un altro sintomo da considerare è la sensazione di sazietà non appena si mangia. Questo potrebbe indicare la presenza di un accumulo di liquidi nella pancia (ascite). Inoltre, se si ha nausea dopo aver mangiato, potrebbe essere un'indicazione che il flusso sanguigno non è sufficiente. Per i pazienti più anziani, cerchiamo anche segni di confusione, difficoltà a ricordare le cose o difficoltà di concentrazione.

Dottor Nazzaro, quali sono le opzioni terapeutiche per l'insufficienza cardiaca?

Il principale trattamento dell’insufficienza cardiaca è il controllo attento dei fattori di rischio unito ad una terapia mirata. Se l’insufficienza cardiaca è causata dalla malattia coronarica, la rivascolarizzazione miocardica è la terapia ideale ma va associata alla correzione dello stile di vita. Il guadagno lo si vede, con un ecocardiogramma, dalla scomparsa dei sintomi con la frazione di eiezione del cuore che migliora passando dal 30% al 50%. Ritornando all’esempio della rampa di scale il paziente riuscirà a farla senza affanno. La terapia farmacologica mirata può aumentare il tasso di sopravvivenza fino al 70% e migliorare la qualità della vita.

È importante distinguere due diversi tipi d’insufficienza cardiaca. Il primo di cui abbiamo parlato è l'insufficienza cardiaca sistolica ma esiste anche quella diastolica, ovvero un cuore rigido in cui si riscontra il rilassamento del muscolo cardiaco che, anche in presenza di una contrazione normale, non è efficiente. Questo può essere causato dall'ipertensione o dal diabete o da malattie da accumulo. In questo caso, il trattamento consiste nell'affrontare la causa sottostante: trattare l'ipertensione, il diabete, aumentare l'attività fisica e puntare alla perdita di peso. L’obiettivo del trattamento è correggere una traiettoria di per sé sfavorevole, ottimizzando nel lungo termine la terapia. Nuovi farmaci utilizzati negli ultimi 10 anni hanno cambiato la prognosi di questi pazienti e migliorato la qualità della vita, ma, sottolineo, si tratta di una terapia delicata e personalizzata che viene modificata e regolata a seconda della riposta del paziente. Non può essere gestita con una visita cardiologica saltuaria. Se al contrario non si modifica la traiettoria, questi pazienti finiranno per essere soggetti a ricoveri ripetuti, “revolving door”, con minor controllo dei sintomi, come accade ad esempio per le donne.

Dottor Nazzaro, come si differenzia l'insufficienza cardiaca tra uomini e donne?

Esiste una differenza di base nella fisiopatologia della malattia tra uomini e donne. Se la causa principale nell’uomo è la cardiopatia ischemica con malattia coronarica ostruttiva, nella donna il danno è più frequente a livello del microcircolo. Nelle donne la diagnosi è più tardiva a causa dei sintomi non tipici che sviano l’attenzione del medico di famiglia. Astenia più marcata, ridotta tolleranza allo sforzo, dispnea più accentuata, palpitazioni precordiali sono sintomi comuni e caratteristici nella donna con scompenso cardiaco, ma possono essere confondenti rispetto al tipico dolore al petto. Solitamente le donne hanno un maggiore grado di co-patologie e poli-farmacoterapia. Il ritardo nella diagnosi si accompagna ad una terapia sub-ottimale com’è dimostrato dal fatto che le pazienti ricevono meno degli uomini trattamenti invasivi con pacemaker, defibrillatori impiantabili ed altro. La diagnosi tardiva e la difficoltà nella stratificazione del rischio si traduce anche in un minor invio delle pazienti a trapianto cardiaco. La paziente donna purtroppo rischia maggiore insuccesso terapeutico.

Quando è opportuno rivolgersi al cardiologo per la prevenzione cardiaca?

In genere, la maggior parte dei pazienti si rivolge prima al medico di famiglia che, dopo la visita, se sospetta il problema la indirizza al cardiologo per un'assistenza specialistica. Questo è il primo passo. Se manca la sinergia tra paziente, medico di famiglia e specialista diventa tutto più complesso. Il cardiologo stabilisce gli esami da fare, strumentali e di laboratorio, ed imposta la terapia e la frequenza delle visite. Alcuni farmaci molto efficaci richiedono un piano terapeutico dedicato e il monitoraggio continuo dei loro effetti sul paziente.

Come si diagnostica l'insufficienza cardiaca?

Visita cardiologica ed elettrocardiogramma sono di aiuto ma è l’ecocardiogramma lo strumento principale per valutare l’efficienza del cuore in modo diretto, con la frazione di eiezione, ed indiretto con altri parametri più specifici. Se si riscontrano i sintomi dell’insufficienza cardiaca e l'ecocardiogramma è alterato bisogna distinguere tra insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta da quella a frazione di eiezione normale. Tornando alle differenze di genere nelle donne è più frequente l’insufficienza cardiaca a frazione di eiezione conservata.  In questo caso ci aiutano molto gli esami del sangue. Le due parti del cuore, sinistra e destra, sono responsabili di forme diverse d’insufficienza cardiaca, con sintomi simili ma che richiedono terapie differenti.

L’ecocardiogramma permette inoltre di indagare la presenza delle malattie valvolari che possono causare i sintomi dell’insufficienza cardiaca e richiedere un altro tipo di trattamento. Negli ultimi anni, proprio le malattie valvolari che portano ad insufficienza cardiaca vengono curate sempre più spesso mediante utilizzo di cateteri percutanei e senza la necessità di ricorrere al bisturi.  Dopo aver effettuato gli esami necessari come l’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma o quelli più avanzati come la Risonanza Magnetica Cardiaca e la TC del cuore, i risultati vengono analizzati insieme alle informazioni ricavate tramite gli esami ematochimici e possiamo così stabilire se il paziente è affetto o è a rischio di insufficienza cardiaca.

L’obiettivo nel trattare i pazienti con insufficienza cardiaca è migliorare, oltre che prolungare, la loro qualità di vita. Nulla può essere fatto senza la sinergia degli sforzi tra le figure coinvolte che ruotano intorno al paziente: medico di famiglia, cardiologo, dietista, fisioterapista e soprattutto gli stessi familiari.

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Naturalmente, se pensate di avere uno scompenso cardiaco acuto o un attacco cardiaco, chiamate il 118 o recatevi al pronto soccorso più vicino.